Quante corse in una giornata! Ci alziamo e già l’agenda inizia a bussare con insistenza alla porta con i suoi numerosi impegni. Scadenze, appuntamenti, ricorrenze che richiedono di esserci, organizzare, performare...l’ansia da prestazione sale e il tempo sembra diventare il peggior nemico di una vita che non può fermarsi. Siamo attenti a tutto ma, in fondo, assenti a noi stessi. E forse ci siamo lasciati sfuggire quel figlio che ci stava chiedendo un attimo del nostro tempo; oppure quella collega che da un po’ ci aspetta per dirci una cosa importante. O ancora un amico, che sta vivendo un brutto momento e non sa con chi parlare. Quanto ci costa fermarci: sembra a volte di non avere tempo da perdere. Ma se oggi fosse il nostro ultimo giorno, l’ultima possibilità di esserci: come cambierebbero le priorità? Confrontarsi sul nostro essere mortali pare drastico, ma aiuta a fare quello che, presi dal vortice del fare, spesso dimentichiamo: respirare. Certamente è un’azione che contraddistingue il nostro esserci: dal primo vagito in poi, il respiro è il segno che siamo biologicamente vivi. Ma qui s’intende il respiro della vita, che passa dal corpo alla psiche, fino alla parte più spirituale e profonda di noi. Respirare, dunque, come movimento essenziale che ci riporta al presente che stiamo vivendo. Tra i tanti benefici di chi intraprende un percorso di counseling c’è proprio il recupero di questo respiro, che spesso viene soffocato dai ritmi della vita. Respirare diventa quindi la via per tornare ad abitare il proprio tempo in maniera responsabile, ossia “abile a rispondere” alle sfide a cui chiama. Che sia un amico che chiede aiuto, quella collega che mi deve parlare, mio figlio che mi chiama e a cui, respirando, oggi risponderò, senza dare nulla per scontato. Laura Zanella