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Lo stupore della morbidezza

2024-12-23 18:39

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counseling, natale, infamiglia,

Lo stupore della morbidezza

Nel tempo di Natale, associo spesso la morbidezza ai dolci tipici di queste feste. Pandoro, opanettone, a seconda dei gusti...

Nel tempo di Natale, associo spesso la morbidezza ai dolci tipici di queste feste. Pandoro, o panettone, a seconda dei gusti: la qualità si sente subito da quanto è soffice la pasta, dalla tenerezza al tatto e dalla giusta dolcezza al palato.


                 


Succede di attendere queste caratteristiche nel dolce come garanzia di un dessert che possa risollevare le sorti di un pranzo o una cena difficili da digerire, non tanto per le portate, quanto piuttosto - soprattutto a Natale - per i discorsi che escono a tavola, e che talvolta sono un vero e proprio pugno nello stomaco.


 


E se potessimo assumere nel nostro atteggiamento le qualità di un buon pandoro – dolcezza, morbidezza, tenerezza – cosa succederebbe? Te lo sei mai chiesta, te lo sei mai chiesto?


 


Nella maggior parte dei casi, arriviamo alle festività natalizie con il carico di un intero anno sulle spalle: cose belle successe, insieme a sfide, incomprensioni, difficoltà, problemi. Vorremmo trascorrere il giorno di Natale in pace, quando ecco arrivare la domanda indigesta: «Ma quindi tu ancora non hai un compagno?», oppure «Davvero hai cambiato di nuovo lavoro? E quando ti decidi a fare sul serio nella vita?», o ancora «Certo che a te della famiglia non importa proprio niente, mi pare...», e non può mancare un «Ah, stai ancora studiando? Pensavo ti fossi già laureato, alla tua età». La lista potrebbe andare avanti. Queste domande le riceviamo, oppure ci troviamo a porle a qualcuno dei commensali.


 


Sono domande che non nutrono la relazione, non stimolano la conversazione perché portano con sé – nel tono di voce e nelle parole utilizzate – un ingrediente che ne compromette la buona riuscita: il giudizio. E spesso causano chiusura nell’interlocutore, fanno calare il gelo oppure accendono una futile discussione e lasciano solo un brutto ricordo, insieme a parecchia acidità gastrica.


 


Scrive Ermes Ronchi, teologo: «La morbidezza è una bellezza che assumiamo quando ci lasciamo plasmare dalla realtà. Allora ciò che in noi era rigido – sguardo, parola, gesto – si dispone alla trasformazione. Diviene curvo, capace di ospitare l’altro, riscaldarlo, metterlo al mondo».


 


E se quest’anno provassimo a stare dentro le situazioni in modo diverso? Non possiamo cambiare l’altro, ma di certo possiamo, a partire da noi, introdurre uno stile differente, che può aiutarci ad avere un impatto più delicato, più attento - in una parola più morbido - con gli altri e con il mondo. Possiamo utilizzare il linguaggio per stare con l’altro, comprendere la sua prospettiva e presentargli la nostra senza per forza giocare a chi ha ragione. Possiamo ascoltare, comunicare, senza pre-giudizi. Essere con l’altro nonostante la paura che possa in qualche modo “attaccarci”.


 


E’ il rischio della vulnerabilità. Ma potrebbe essere anche l’inizio di una bella rivoluzione, all’insegna della morbidezza che stupisce. Sii tu il più bel miracolo del Natale!




Laura Zanella



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